I rapimenti alieni e il misterioso caso di Pier Fortunato Zanfretta hanno sollevato dubbi, teorie e polemiche per decenni. Ma cosa c’è di vero dietro questi racconti incredibili? Fantasia, suggestione o prove concrete?
C’è qualcosa di affascinante nei racconti di incontri ravvicinati del terzo tipo. Forse è il mistero, forse l’idea che l’universo sia abitato da forme di vita superiori. Oppure è solo il bisogno, umano e comprensibile, di non sentirsi soli. Da sempre si è attratti dalle storie di chi sostiene di essere stato rapito dagli alieni. Alcune sembrano dettagliate al punto da far venire i brividi. Ma quando si guarda più da vicino, molte cose iniziano a non tornare.
È il caso, ad esempio, dell’ex metronotte italiano Pier Fortunato Zanfretta, diventato noto alla fine degli anni ’70 per una lunga serie di esperienze al limite del credibile. Il suo nome è legato a ben undici episodi di presunti contatti con esseri extraterrestri. Undici. In appena tre anni. Un numero che da solo basta a far alzare più di un sopracciglio.
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Il caso Zanfretta: uno dei rapimenti alieni più discussi d’Italia
La vicenda ha inizio nel dicembre del 1978, quando Zanfretta, durante un normale giro di ronda notturna a Torriglia, vicino Genova, afferma di essere stato avvolto da una luce abbagliante e di avere perso conoscenza per diversi minuti. Al risveglio, secondo il suo racconto, si sarebbe trovato faccia a faccia con esseri alti oltre due metri e mezzo, dalla pelle verdastra e gli occhi triangolari. Da quel momento, tutto cambia.
Seguono nuovi “contatti”, fughe, blackout di memoria, persino un presunto rapimento a bordo di un’astronave. Zanfretta, visibilmente scosso ma sempre coerente, si sottopone anche a sedute di ipnosi regressiva, durante le quali emergono dettagli sempre più inquietanti: manipolazioni genetiche, messaggi per l’umanità, un misterioso oggetto extraterrestre che, a detta sua, non può essere mostrato a nessuno.
E proprio qui iniziano le domande. Se davvero possedeva un artefatto alieno, perché nasconderlo? Perché non mostrarlo a un team scientifico, o almeno fotografarlo? La spiegazione fornita – “solo lui può maneggiarlo senza restare folgorato” – suona più come la trama di un romanzo fantasy che come un’affermazione verificabile.
Le origini: il primo vero caso di “abduction” prima del caso Zanfretta
Prima del clamore suscitato dal caso Zanfretta, c’è stato un episodio che ha fatto da spartiacque nella storia dei rapimenti alieni: quello di Betty e Barney Hill. Siamo nel 1961, nel New Hampshire, quando i due coniugi affermano di essere stati rapiti da un UFO durante un viaggio notturno. La loro esperienza – fatta di missing time, incubi ricorrenti e ricordi riaffiorati solo tramite ipnosi regressiva – ha segnato l’inizio ufficiale del fenomeno delle abduction nell’immaginario collettivo.
È interessante notare che molte delle caratteristiche oggi associate ai rapimenti alieni, come la presenza di esseri con grandi occhi neri e teste sproporzionate, la paralisi corporea e gli esperimenti medici, trovano proprio in questo racconto la loro prima apparizione documentata. Una storia che, da sola, ha influenzato decenni di testimonianze successive.
Tra illusioni, falsi ricordi e paralisi del sonno
Molti esperti sono concordi: buona parte dei cosiddetti rapimenti alieni può essere ricondotta a fenomeni noti, come le paralisi ipnagogiche. Si tratta di uno stato in cui il corpo si trova tra sonno e veglia, paralizzato ma ancora cosciente. In quel momento il cervello può generare immagini vivide, sensazioni di presenza, addirittura suoni e odori. Non è raro che chi vive queste esperienze giuri di aver “visto” qualcosa di reale.
Altri casi, invece, sembrano legati a un altro fenomeno: la creazione di falsi ricordi. Sotto ipnosi, specialmente se condotta da terapisti non esperti, è possibile che la mente generi racconti dettagliati, ma del tutto immaginari. È un meccanismo ben studiato dalla psicologia cognitiva. Basta poco: domande ripetute, pressioni esterne o anche solo una forte suggestione culturale.
E in effetti, c’è da chiedersi come mai la stragrande maggioranza dei racconti di abduction provenga dagli Stati Uniti, e tutti con descrizioni molto simili: alieni con testa grossa, occhi neri, niente naso né bocca, esperimenti medici, messaggi telepatici. Possibile che gli alieni siano così poco creativi da ripetere sempre le stesse procedure? O, più plausibilmente, si tratta di un immaginario condiviso, alimentato da film, libri e serie TV?
Anche nel caso Zanfretta si notano ripetizioni narrative già sentite altrove: esseri dalle sembianze inquietanti, blackout mentali, ipnosi, rivelazioni cosmiche. Elementi troppo ben costruiti, troppo “giusti” per non far sorgere il sospetto che la memoria sia stata, in qualche modo, contaminata.
Ma allora perché crederci? Il bisogno umano di qualcosa di più grande
Ci si potrebbe domandare: se queste storie sono così simili tra loro, così facilmente smontabili, perché continuano a esistere? Perché c’è sempre qualcuno che giura di aver vissuto esperienze extraterrestri? La risposta, forse, non è da cercare nello spazio, ma dentro l’animo umano.
Secondo alcune ricerche psicologiche, chi racconta di aver avuto un contatto con entità superiori – che siano alieni, angeli o figure mistiche – non lo fa necessariamente per ingannare. Spesso, anzi, è davvero convinto di ciò che dice. Si tratta di esperienze che riempiono un vuoto, che offrono conforto, che danno un senso a eventi traumatici o inspiegabili. In tempi di crisi, credere che esista una razza aliena benevola pronta a salvarci può risultare rassicurante.
Ed è interessante notare che molte delle persone coinvolte in questi racconti abbiano un forte interesse per l’ufologia o la fantascienza. Non si tratta sempre di casualità: chi conosce a fondo questo tipo di narrativa sa esattamente come deve essere un rapimento alieno. Ed è proprio lì che può scattare l’autoinganno.
Il caso Zanfretta, in fondo, è emblematico. Da un lato, l’onestà apparente di un uomo semplice, visibilmente scosso, che ripete la sua versione con fermezza. Dall’altro, una storia che – per quanto suggestiva – manca totalmente di prove concrete. Nessun testimone verificabile, nessun oggetto analizzabile, solo parole e ricordi emersi sotto ipnosi.
I rapimenti alieni, così come il caso Zanfretta, sembrano oscillare costantemente tra il fascino del mistero e la razionalità delle spiegazioni scientifiche. Sono storie che colpiscono, che incuriosiscono, che fanno riflettere. Ma alla fine, una domanda rimane: si tratta di esperienze autentiche o di allucinazioni ben confezionate?
Forse non si saprà mai davvero la verità. O forse, come succede spesso, la verità è molto più semplice – e molto più umana – di quanto si voglia ammettere.
Fonti bibliografiche
Polidoro M., Rivelazioni. Il libro dei segreti e dei complotti, Piemme, 2014
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